Descrizione
Il sito, a 5 chilometri a nord del capoluogo, quantunque remoto e selvaggio non rimase sconosciuto ed abbandonato, bensì ebbe la sua relativa importanza. Il nome di Navene è preromano. Verosimilmente deriva dal greco antico naf ene, che significa « al principio della valle selvosa ». Giace in vero al piede d'una grande vallata vestita di dense boscaglie; e siede presso le rive del lago, circondato da magnifici quadri romantici. Lo si ricorda in più documenti del secolo XI° a motivo del ripatico, assegnato alla chiesa di Verona. Fu testimone al passaggio di truppe nel 1284, quando gli Scaligeri occuparono i castelli di Arco e di Riva, nel 1438 quando il Gattamelata furtivamente dal bresciano si ritirò nel veronese, nel 1509 allorchè Massimiliano d' Austria invase tutta la riviera baldense, nel 1701 e 1702 quando i Gallo-Ispani tentarono impedire la discesa in Italia ai Tedeschi, in occasione della successione spagnuola, nel 1796 allorchè una divisione francese fu respinta dalla Bocca di Navene da una legione trentina capitanata da un Bertinelli, nel 1848 e 1866 per le guerre dell'indipendenza italiana, nel 1915-18 quando divenne linea di frontiera e furono ivi piazzate le artiglierie contro le fortezze del monte Rocchetta, di Riva e di monte Brione. Accorsero alle sue spiaggie innumerevoli barche per asportare legne a Riva, a Lazise e a Desenzano. L 'origine della chiesetta va messa dopo la sospensione di quella di S. Marco. La prima sua memoria si trova in un documento del 5 agosto 1659, in cui si parla dell'apertura della strada in riva al lago, mentre prima passava attraverso il campo Cipriani e sboccava in mezzo alle case, davanti al piccolo capitello, sul vicoletto tuttora esistente. Aveva i suoi massari amministratori. Possedeva un piccolo archivio con registri di entrate ed uscite, una raccolta di documenti e carte, che la riguardavano. Percepiva qualche introito dalle vicine peschiere dei carpioni. Ed ora di tutto non resta che la sola memoria. Al presente è proprietaria d'un piccolo legato, che viene gestito dalla fabbriceria della Pieve. L 'edificio è abbastanza bellino e spazioso, messo a confronto coi pochi abitanti della contrada, e supera l'aspettazione del visitatore, abituato ormai a vedere montagne a picco, scoscesi fianchi e vaste selve. La navata (m. 5, 70 x 8) è coperta dall 'imbotte nascente dal cornicione sostenuto da lesene, ed ha i lati sfondati da due cappelline (m. 2 x 2,90). L'altare maggiore è un bel barocco a stucco, con due colonne grandi liscie e due piccole a spirale, il Padre Eterno ed Angeli nell'attico. L 'affresco, scuola Brusasorzi, rappresenta Maria SS. seduta in aria col Bambino tra le braccia, in basso S. Sebastiano e S. Rocco; ai fianchi dell'altare due porte conducono nel coro (m. 2;60 x 5). Gli altari delle cappelline sono in marmo. Quello dalla parte dell'epistola contiene una buona tela, ritenuta della scuola del Guercini: rappresenta S. Francesca Romana, ricevente la regola da S. Benedetto. L 'altra tela opposta è meschina e molto malandata e rappresenta: in aria, la Madonna del Carmine, a terra, S. Giuseppe? e S. Eurosia. Ciascuna tela è fregìata in basso dallo stemma malcesinese, eseguito secondo ìl capriccio dei pittori, non secondo l'adottato ab antico. La facciata è semplice: due paraste ai lati, un cimitero triangolare, una finestra semirotonda in alto, due quadrate ai fianchi della porta rettangolare sagomata e tre gradini esterni. Durante la guerra 1915-18 venne adibita ad uso profano e fu molto deturpata. Il piccolo campanile a vela, colpito da una scheggia di granata, crollò da una metà . Fu riparata, ritinta e riconciliata per le Rogazioni del 1919. Vi si celebra la domenica, quando lo consente la disponibilità dei sacerdoti.
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Testo tratto da "Malcesine" di Giovanni Borsatti |